Once Upon a Time

Da un blog che seguo assiduamente, un interessante post: Once Upon a Time.

I Monkees

monkees_3Era il 12 settembre 1966 quando la NBC mandò in onda il primo telefilm interpretato dai Monkees, quattro ragazzi sconosciuti che formavano una band e che in quei telefilm (58 puntate in tutto, fino al 25 marzo 1968) avrebbero vissuto avventure molto divertenti, bizzarre e piuttosto surreali, tra canzoni e gag comiche, il tutto ispirato al ben più celebre film A hard day’s night interpretato dai Beatles. E ai Fab Four i quattro giovanotti americani volevano somigliare, tanto che per loro fu creata una campagna pubblicitaria assai più costosa, si dice il doppio, di quella oranizzata per il lancio americano dei Beatles stessi due anni addietro. Nel momento in cui il primo episodio fu messo in onda, nei negozi di dischi si potevano trovare quantità industriali dei dischi dei Monkees. Fu un’operazione azzeccata e lungimirante perché la serie ebbe un grandissimo successo e trasformò i quattro ragazzi in una delle band più ricercate al mondo.
monkees_4Che cosa facevano nel telefilm questi ragazzi all’incirca ventenni? Interpretavano loro stessi, cioè i membri di una rock band e di tutta la loro produzione musicale io ricordo soprattutto il tormentone I’m a Believer (scritta da Neil Diamond), la cui cover italia, Sono bugiarda, fu portata al successo da Caterina Caselli.
La vita artistica e musicale dei Monkees durò dal 1965 al 1970 circa e negli anni successivi tornaro peridicamente a riunirsi per suonare insieme e poi sciogliersi definitivamente nel  2001.
The+MonkeesSi deve alla lungimiranza del produttore discografico Don Kirshner la scelta fra più di 400 candidati dei quattro ragazzi che dovevano contrapporsi allo strapotere musical-popolare del quartetto di Liverpool. Ma chi erano i Monkees? Mike Nesmith (voce e chitarra), Micky Dolenz (voce e batteria), Peter Tork (voce e basso) e Davy Jones (voce e percussioni).
Dei quattro prescelti Nesmith e Tork avevano precedenti musicali, Jones era un dj inglese e Dolenz era figlio d’arte, suo padre era l’attore caratterista George Dolenz, e  aveva lavorato da ragazzino in una serie per bambini.  Pare che tra i bocciati alla selezione ci fossero Stephen Stills (destinato alla fama musicale insieme con Crosby e Nash) e nientemeno che il futuro omicida di Sharon Tate, Charles Manson.

monkees_1La serie televisiva conquisto in pochissimo tempo l’interesse dei giovani americani e diventò un formidabile mezzo per pubblicizzare le canzoni del gruppo che ancora non esisteva come tale, da un punto di vista musicale.
I quattro ragazzi furono sottoposti ad un vero e proprio tour de force per acquistare spigliatezza e naturalezza nella recitazione, con ben poco tempo per provare a suonare realmente insieme, tanto che i primi due brani furono da loro eseguiti in play back mentre erano suonati in realtà da altri musicisti. Però nel 1967 ottennero di poter eseguire loro stessi i brani che sarebbero stati presentati al pubblico
A confezionare le canzoni c’erano musicisti e autori di prim’ordine e il prodotto risultò vincentem, tanto che in quegli anni le hit parade vedevano sempre un brano dei Monkees ai vertici.

monkees_2La serie televisiva si aggiudicò due Emmy Awards nel 1967 (migliore serie e regia).
Per loro fu persino creata una macchina speciale, una Pontiac GTO.
Per quante ricerche abbia fatto, non sono più riiuscita a risalire alla data precisa in cui cominciarono ad essere trasmessi in Italia i telefilm della fortunatissima serie. doveva trattarsi però degli anni a cavallo tra la fine dei Sessanta e l’inizio dei Settanta.
Rammento bene che ero una ragazzina e mi conquistarono sin dai primi episodi. Erano simpatici e divertenti, le loro avventure surreali e comiche, ambientate nei luoghi più diversi, li vedevano coinvolti nelle situazioni più disparate e bizzarre.
La sigla televisiva era un richiamo irresistibile e quando sono riuscita a ritrovarla su YouTube è stato come riavere indietro un pezzetto di passato.

Quante volte ho fatto di corsa la strada da scuola (per un periodo si frequentava di pomeriggio invece che di mattina) per arrivare in tempo e non perdermi neppure le prime battute dell’episodio in onda. Mi sembra di essere ancora nel soggiorno con le due grandi finestre ad angolo sulla strada, al calduccio nella grande poltrona di velluto della nonna che sapeva un po’ di polvere, accoccolata a vivere le strabilianti avventure di Davy, Peter, Mike e Micky!
Chissà quanti di voi condividono questo ricordo con me? Sarete tanti come i fan del mitico telefilm Il tesoro del castello senza nome? 

Il tesoro del castello senza nome

I ragazzi del gruppoPrendete una banda di sette ragazzi assai diversi tra loro, ma accomunati dallo spirito di aggregazione di un campo di vacanze, mettete fra di loro una ragazzina bionda dagli affascinanti occhi azzurri, fateli vivere in un’avventura mozzafiato in uno scenario fantastico, sulle tracce di un antico tesoro dei templari che si rivela essere invece il ricco bottino di una moderna rapina, immergete la storia in un momento di folclore popolare et voilà! Ecco servita sul filo della memoria di tanti adolescenti degli anni Settanta una serie televisiva in otto puntate che spopolò tra il giovane pubblico e divenne un vero e proprio cult, atteso per anni con ansia nella più volte annunciata versione prima in VHS e poi in dvd.
Sto parlando de Il tesoro del castello senza nome, titolo originale Les Galapiats, scritto e diretto dal regista francese Pierre Gaspard Huit, una produzione belga del 1969, a colori, che arrivò in Italia, in bianco e nero, nel 1972 e ottenne uno strepitoso successo.
Copertina dvdLa trama sembrerebbe abbastanza ovvia: Jean Loup un ragazzo parigino di famiglia benestante, viene spedito in vacanza a Camp Vert nelle Ardenne belghe e subito si sconta con l’ostilità dei nuovi compagni.
Jean LoupBen presto però si guadagna la fiducia del carismatico Bruno, detto Cow boy, capo indiscusso del gruppo I Cinghiali delle Ardenne, entrandone a pieno titolo dopo aver superato le rituali prove d’iniziazione.

Bruno detto Cow boy

Gli altri membri del gruppo sono il pacioccone e sempre affamato Lustucru,

Lustucru
e il suo amico Byloke.
Byloke
Ben presto a loro si uniscono il tedesco Franz,

Franz
Patrick
Patrick
e la splendida canadese Marion.

Marion(le foto vengono da qui)

Sono tutti sulle tracce di un antico tesoro templare, guidati dalle informazioni dello storico locale, il professor Carteret, e ben presto i sette intrepidi ragazzi si troveranno invece coinvolti in un’avventura più grande di loro, nella quale arriveranno a scontrasi con una banda di rapinatori che tiene in ostaggio una bambina, la figlia del direttore della banca londinese che hanno svaligiato. Come mai la serie televisiva divenne un successo tanto clamoroso?
Semplicemente perché miscelava con sapienza tutti gli ingredienti più adatti a far colpo sulla fantasia e sui sentimenti degli adolescenti. C’erano i contrasti con gli adulti e le incomprensioni, la sfida tra coetanei e lo spirito di gruppo, l’avventura ambientata in paesaggi affascinanti, e soprattutto l’amore, rappresentato dalla bella Marion, che si manifestava con tutti i segni della tipica “cotta” adolescenziale: sorrisi, sguardi e mani che si cercano e si sfuggono, fugaci momenti d’intesa e di condivisione.

Questo sceneggiato belga fu la prima produzione di una società, la Art & Cinema, specializzata in documentari d’arte e fu creato con il chiaro intento di rivolgersi ai ragazzi. La sceneggiatura e la regia furono affidati a Pierre Gaspard Huit che aveva già una notevole esperienza come regista cinematografico, ma anche televisivo, e si ispirò a un fatto realmente accaduto, l’abilità con cui due ragazzini smascherarono una banda di ladri.
Interamente ambientato in Belgio, in località abbastanza distanti tra loro, ma vicine nella finzione scenica, lo sceneggiato contribuì a diffondere anche la conoscenza di bellissimi luoghi assai poco noti al grande pubblico.

Villers-de-la-Ville, con le rovine dell’abbazia, ambientazione per Camp Vert

300px-Villers-la-Ville_JPG002Celles con il magnifico castello de Veves, il mitico castello senza nome del titolo

300px-Vêves_CH1aJPG

le grotte di Remouchamps, nei cui cuinicoli si avventurano i protagonisti
GrotteBaraque Michel, antica postazione geodesica oggi sparita, utilizzata per la scena del lancio di un piccolo aereo teleguidato
300px-Baraque_Michel01le Hautes-Fagnes, con i grandi spazi, i silenzi e le paludi in cui s’impantana uno dei cattivi e Stavelot, la cittadina presso la quale nella finzione sorge Camp Vert
200px-Stavelot_JPG01In particolare di Stavelot divennero famosi, grazie a questo sceneggiato, i Blanc Moussis, inquietanti personaggi completamente vestiti di bianco  e incappucciati, con un mostruoso naso rosso che compaiono in processione durante l’avventura. La loro origine si perde nei secoli bui e nasce da feste semi pagane dette Laetate, che il principe abate Guillaume de Manderscheidt cercò di sopprimere nei primi anni del sedicesimo secolo, insieme con l’ordine benedettino che aveva fondato l’abbazia di Saint Remacle nel 648. Se ebbe la meglio sui monaci, non altrettanto successo ebbe con le feste e anzi, da quel momento in poi, il popolo incominciò vestire i sai bianchi con la maschera dall’enorme naso in segno di scherno. Dopo una breve sospensione nel periodo post bellico, la tradizione dei Blanc Moussis riprese con vigore e la Confraternita si esibisce tuttora anche all’estero.

Blanc MoussisUn rapido giro in Internet mi ha fatto scoprire un grandissimo numero di appassionati di questo sceneggiato, e io che credevo di essere l’unica a ricordarlo!

Conoscendo la mia fissazione, mio figlio mi ha preso il dvd, convinto di avermi fatto un piccolo dono senza molta importanza.
In realtà mi ha restituito il sapore di quell’estate oramai lontana, nella quale aspettavo con ansia il pomeriggio e le avvincenti puntate, rinunciando a qualsiasi altro svago. E come me tanti altri dunque hanno sognato sulle note della mitica sigla e sulle immagini dell’avventura, che per tutti noi, adolescenti degli anni Settanta, resterà sempre legata a quegli anni. E nella nostra memoria i protagonisti sono sempre giovani, come una parte di noi.

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