Intervallo pittorico librario n.2

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Donna in azzurro che legge una lettera
Jan Vermeer, van Delft, 1663
olio su tela, 46,6 × 39,1 cm
Amsterdam, Rijksmuseum

 

C’era solo una cosa che potesse distoglierla dalla lettura del libro che aveva lasciato la sera prima sul tavolo. Una lettera. E solo una lettera di Jacob. Dopo tante insistenze aveva ottenuto che un servitore salisse ad appendere al muro quella grande carta geografica sulla quale seguire con la fantasia il viaggio di Jacob. Sua madre era convinta che lo stare a lungo in piedi a fissare il muro avrebbe ben presto nuociuto al bambino. Ma Grethe non aveva certo intenzione di commettere un’imprudenza. Il bambino che aspettava da Jacob era il loro bene più prezioso, un legame in più in quella forzata, ma necessaria lontananza, e lei non avrebbe fatto nulla che potesse metterne in pericolo la salute. La vecchia Aylin, che in molte cose era più moderna di sua madre, l’aveva incoraggiata, sostenendo che il bambino avrebbe sentito il benefico influsso dell’amore reciproco tra i genitori e così Grethe si era fatta sistemare una comoda poltrona davanti alla carta geografica e spesso vi sedeva, raccontando a bassa voce al bambino l’itinerario del padre. Ma quella mattina Grethe non pensò neppure un attimo a mettersi seduta. Aveva dormito più del solito e quando era scesa, la posta era già stata consegnata a suo padre. Tutta, tranne quella grande lettera bianca che spiccava sul copritavolo di velluto scuro. Il bambino si mosse con delicatezza, quasi avesse intuito l’emozione della madre. Grethe lesse tutta la lunga lettera restando in piedi davanti al tavolo, gli avambracci delicatamente appoggiati alla casacca di seta azzurra che copriva il suo ventre sempre più voluminoso. Jacob stava per tornare. La lettera non avrebbe potuto contenere notizia più bella, Jacob sarebbe stato accanto a lei nel momento in cui il loro piccolo avrebbe visto la luce. Solo questo contava. Sorvolò il lungo elenco di magnifici doni che Jacob aveva accumulato per loro nelle varie tappe del viaggio e la sua mente pratica cominciò a valutare le cose più necessarie da fare perché al suo ritorno tutto fosse pronto. Per prima cosa avrebbe chiesto a Jutta di aiutare Morrisen a rinfrescare lo studio di Jacob; Morrisen si sarebbe occupato dei lavori pesanti,e Jutta avrebbe provveduto al resto. Da quel giorno in poi non doveva mancare ogni mattina un mazzo di tulipani freschi sulla scrivania di Jacob, fino al suo arrivo. Poi bisognava che Oberon, il suo cavallo preferito, fosse portato regolarmente a cavalcare, affinché il padrone lo ritrovasse in piena forma. Tutta la casa doveva essere pronta per accoglierlo. Ma c’era tempo. Grethe aveva tutta la giornata davanti a sé per assaporare la gioia del ritorno di suo marito. Sedette nella comoda poltrona davanti alla carta geografica e cominciò a raccontare al bambino i preparativi che suo padre stava facendo sulla nave per fare vela verso di loro. Presto, molto presto.

Intervallo pittorico librario n.1

Da tempo accarezzavo un piccolo progetto, girare per il web e fare incetta di immmagini d’arte che illustrassero i libri e la lettura per poi creare una mia personale galleria.
Grazie a mio marito ho scoperto che qualcuno mi ha preceduta qui e perciò ho abbandonato l’idea.
Così ho preferito modificare il mio progetto, scopiazzando un’altra idea, quella dell’intervallo pittorico di Oyrad, e trasformarlo in una serie di in intervalli pittorico librari, inserendo di tanto in tanto un’opera d’arte che abbia per soggetto i libri o l’atto del leggere e, non paga, aggiungendo anche un mio commento, del tutto libero e personale, senza nessuna pretesa storica o artistica. Nel senso che descriverò ciò che quell’immagine mi ispira.
Non c’entra nulla, o solo marginalmente con la letteratura per ragazzi, ma mi piaceva l’idea, che volete farci?
Chacun a sa chacunerie…

10. Gioacchino Toma, Donna che legge sdraiata, Olio su tela, da

Gioacchino Toma, Donna che legge sdraiata, Olio su tela, datazione incerta, Collezione privata
Il medico le aveva raccomandato di non affaticarsi e lei, obbediente, si era alzata dal letto  solo nel pomeriggio, senza neppure vestirsi, gettandosi addosso un leggero ma soffice scialle di velluto nero lavorato. La premurosa fantesca le aveva messo la poltrona più comoda in cucina, accanto al fuoco, ma lei aveva voluto che gliela trasportasse nel salottino con la tappezzeria rosso pompeiano ornata di fiori. Aveva scelto l’angolo vicino alla finestra, in modo tale che la luce le arrivasse alle spalle senza irritare i suoi occhi, e aveva ripreso in mano il piccolo libro di poesie abbandonato da tempo. Anche di quella rinuncia era colpevole in parte il dottore, convinto che le emozioni le fossero dannose. Lei era stata  obbediente e finché la malattia l’aveva costretta a letto, si era privata del piacere di leggere. Sì, perché tale era per lei, al pari del più gustoso manicaretto o dell’ascolto di un emozionante brano di musica. Solo che la sua fame di emozioni non si placava mai e ogni libro ne chiamava a gran voce un altro, e poi un altro, e poi un altro ancora. Non si accorse neppure della fantesca, entrata in punta di piedi ad aggiustarle il cuscino dietro le spalle e a sistemarle i fiori nell’acconciatura per ravvivare la semplicità dell’abbigliamento da camera. Sapeva che nella lunga convalescenza che l’attendeva molti altri sarebbero stati i silenziosi ma vivi compagni di tante ore e si sentì felice, come da tempo non le accadeva. E fu certa che tutto finalmente sarebbe andato bene, che sarebbe guarita e presto tornata a leggere nel parco, su quella panchina ombreggiata, vicino al laghetto con i salici, nel suo posto preferito.

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