Titolo: La favola di Natale
Autore e Illustratore: Giovannino Guareschi
Editore: BUR, 2004
Pagine: 107
Prezzo: euro 9,00
Età di lettura: per tutti
C’era una volta un bambino che si chiamava Albertino il quale aveva un papà lontano, in un campo di prigionia. Il suo papà gli mancava tanto e decise di recitare la poesia di Natale davanti alla sua sedia vuota. La Poesia approfittò di una folata di vento per uscire dalla finestra e farsi trasportare fino al luogo in cui si trova il papà di Albertino, ma il Vento la lascia alla frontiera e alla Poesia non rimane altro che incamminarsi verso il confine, ma fallisce il compito, non riesci a entrare nel campo di prigionia e dovette tristemente tornare verso casa, con l’aiuto di Babbo Natale. Che fece allora Albertino? Non si perse d’animo e quella notte, la notte della vigilia, par con la nonna, il cane Flik e una lucciola a fargli strada con il suo lumicino. Grazie a una locomotiva giunsero fino a un ponte, ma lì la locomotiva si fermò perché il ponte era stato fatto saltare, e una gallina padovana indicò loro la strada per giungere, dopo millequattrocentonovanta passi, in un bosco abitato da tante creature, sia buone che cattive.
Non vi dico altro, se non che il lungo viaggio di Albertino per raggiungere il suo papà è pieno di sogni, di paura e di poesia.
Questa emozionante favola fu scritta da Giovanni Guareschi e letta ai compagni di prigionia in un campo del nord ovest della Germania la vigilia di natale del 1944 ed è un po’ la loro storia, la storia di uomini che trovarono in fondo ai loro cuori la forza per resistere e sperare nel ritorno anche grazie a questa favola.
Guareschi ebbe modo di raccontare che le muse ispiratrici di questa storia furono Freddo, Fame e Nostalgia e che la scrisse rannicchiato nella cuccetta inferiore di un letto a castello a due posti. Sopra di lui il compagno di prigionia Coppola fabbricava musica e Guareschi disse: “Io mandavo su da Coppola versi di canzoni nudi e infreddoliti, e Coppola me li rimandava giù rivestiti di musica soffice e calda come lana d’angora.”
Tra gli ufficiali prigionieri ve n’erano alcuni che si erano dedicati alla musica e al canto, sia da professionisti che da dilettanti, e qualcuno era riuscito a salvare e a conservare il proprio strumenti mentre altri vennero generosamente dati in prestito dai confinanti prigionieri francesi.
Coppola aveva scritto le musiche e mise insieme l’orchestra, il coro e i cantanti. Tutti soffrivano per il freddo e per la fame, ma la sera della vigilia, nella squallida baracca che fungeva da teatro, Guareschi lesse ai compagni di prigionia la favola che aveva scritto, mentre l’orchestra il coro e i cantanti la commentarono “egregiamente” come disse l’autore, e ci fu persino un rumorista per sottolineare i passaggi più movimentati.
È importante evidenziare la vis polemica di questa fiaba, che se ai bambini può passare inosservata, per la fantasmagoria di vicende e di personaggi, non sfugge di certo agli adulti, grazie anche alla forza delle illustrazioni e l’autore stesso avvertiva: “I personaggi di questo racconto sono tutti veri e i fatti in esso accennati hanno tutti un preciso riferimento con la realtà. La realtà era tutt’intorno a noi, e io la vedevo seduta a tre metri da me, in prima fila, vestita da Dolmetscher (interprete): e quando il rumorista-imitatore cantava con voce roca la canzoncina delle tre Cornacchie e il poliziotto di servizio sghignazzava divertito, io morivo dalla voglia di dirgli che non c’era niente da ridere: ‘Guardi, signore, che quella cornacchia è lei’.”
Con questa favola vi mando i miei più cordiali auguri di ogni bene e di tanta serenità.
Buon Natale!
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