Questa storia si trova qui.Alle diciannove di mattina
di
Milan Dekleva
Miro è un ragazzetto moderno. Con una mamma e un papà moderni, vive in un appartamento moderno, naturalmente, in una città altrettanto moderna. Miro non riesce a immaginare che l’elettricità sia giunta nella sua città solo novant’anni fa. Adesso vi si trovano studi televisivi e radiofonici, cinematografi e teatri, case editrici e sedi giornalistiche, istituti di ricerca e centri di elettronica, telegrafi, telefoni, insomma tantissime società che ogni minuto ricevono e trasmettono migliaia di dati e di informazioni. Il papà dice che la vita si è automatizzata e che siamo schiavi della tecnica. La mamma replica che la gente, a furia di studiare, è diventata completamente idiota. Queste cose Miro non le capisce del tutto, ma quando non ha voglia di andare all’asilo dice alla mamma che ha paura di diventare troppo furbo. Un’altra cosa non entra nella testolina di Miro: visto che tutto è automatizzato, come mai la gente ha così poco tempo per giocare al pallone, a nascondino, e per raccontare le favole?“Sapresti spiegarmi”, chiese Miro un mattino al padre, “perché guardi sempre l’orologio quando ti faccio una domanda e dici di non aver tempo?”.
“Non ho tempo”, gli rispose il paparino.
“Odio il tempo”, stabilì testardamente Miro. Il papà smise di annodarsi nervosamente la cravatta e lo guardò con tenerezza: “Sai, il tempo ci domina, ho fretta di andare in ufficio, manca solo un quarto alle otto.”
“Se manca un quarto alle otto,” disse Miro, “significa che hai ancora tre quarti d’ora a disposizione, prima di dover filare in ufficio. È un bel po’ di tempo.”
“No, no”, sorrise il papà, “quando manca un quarto alle otto, vuol dire che sono le sette e tre quarti, ossia è pochissimo tempo.”
“Queste cose io proprio non le capisco e non le capirò mai”, ribatté Miro.
“Certo che le capirai”, disse il papà. “Te le spiegherò stasera.”
“Alle sette?” chiese Miro.
“Beh, diciamo alle diciannove”, gli rispose il papà. “Le sette di mattina sono di sera le diciannove.”
Quando il papà se ne andò, la mamma condusse Miro all’asilo e cercò, strada facendo, di spiegargli perché il telegiornale cominciava alle venti e non alle otto.
“Cosa succederebbe”, chiese Miro, “se cominciasse alle otto?”
“Allora andrebbe tutto alla rovescia”, gli rispose la mamma.
Ed infatti dopo andò tutto alla rovescia. Innanzi tutto nella testolina di Miro, e di sera quando andò a dormire, nei suoi sogni. Alle diciannove, il papà non rientrò e quindi non trovò il tempo di spiegargli come era complicata tutta questa storia.
Alle ventiquattro, cioè a mezzanotte, Miro sognò che nella sua città moderna e automatizzata qualcuno aveva commesso uno sbaglio. All’alba, nel centro per la regolamentazione elettronica del tempo, una pulitrice aveva sbadatamente interrotto il commutatore principale. Il tecnico di turno, dopo aver schiacciato un pisolino, si era svegliato di soprassalto e aveva guardato l’orologio digitale constatando che erano le sette. Poiché faceva ancora buio, aveva pensato che fuori fosse sera e che l’orologio avrebbe dovuto segnare le diciannove. Aveva ordinato al cervellone di fissare l’ora esatta sul suo orologio. Dopo un istante, in tutte le case, le scuole e le fabbriche, erano le sette di sera, invece delle sette di mattina. Gli operai che stavano per mettere in moto i macchinari, si erano sentiti prendere da una grande stanchezza e filarono a casa per cenare. I bambini, che si stavano affollando davanti alla scuola, avevano visto che lì non c’era nessuno e, di corsa, tornarono a casa, per non perdere il cartone animato alla TV. Gli annunciatori televisivi, già pronti per leggere i notiziari del mattino, e per riposare poi un pochino durante la trasmissione di agricoltura già registrata, si misero a cercare febbrilmente gli spezzoni dei film della settimana, i quiz e le interviste. Il redattore del programma radiofonico, mentre telefonava all’ufficio, dalla rabbia stava per divorare il filo del telefono. A casa, proprio quando si infilava il pigiama, gli avevano telefonato dalla Radio avvertendolo che tra un paio di minuti, in mattinata avrebbe avuto inizio una riunione straordinaria del governo.
Alle otto i rivenditori di generi alimentari in giro per la città a far consegne si erano accorti esterrefatti di aver fatto nientemeno che dodici ore di straordinario. Basta per oggi, esclamarono, chiudendo gli sportelli dei camion. Allo stesso tempo si potevano vedere per le vie molti frettolosi violinisti, ballerini e attori, ancora in costume, e qualche fornaio con le borse sotto gli occhi per la stanchezza. Gli artisti correvano ai concerti e alle recite con sensibile ritardo, senza sapere il perché. I panettieri che avevano appena smesso il lavoro notturno, si erano resi conto all’improvviso che si era fatta nuovamente sera e se n’erano tornati al lavoro, completamente distrutti dalla fatica.
Alle dieci del mattino le vie erano deserte. Solo qualche guardia notturna pedalava in bici verso il posto di lavoro, anche se le pareva eccessivo il chiarore, data la stagione in corso. I beoni ritardatari, bussavano invano alle porte delle osterie e dei buffet chiusi. La gente chiudeva le imposte e nonostante le severe norme di economia energetica, aveva acceso le luci in pieno giorno. Tutta la città era in procinto di andare a dormire, gli aerei che sorvolavano il territorio nazionale e i treni internazionali alle stazioni di frontiera si erano accorti, per la prima volta nella storia del traffico, di essere arrivati a destinazione con dodici ore di anticipo.
Alle quattro, quattro e mezzo pomeridiane, erano cominciati ad arrivare nelle fabbriche i primi operai, alquanto sorpresi a causa degli autobus vuoti. Il caos era totale, così totale da svegliare Miro. Nella sua stanzetta però c’era un gran silenzio e buio pesto.
“Mamma, papà, vi siete dimenticati di venire a prendermi all’asilo”, strillò Miro. Dalla stanza accanto si sentirono dei brontolamenti assonnati.
“Sei impazzito a svegliarci nel cuore della notte?” borbottò il papà che era rincasato alle ore piccole, facendo tardi in un convegno. Al lettino di Miro si avvicinò pian piano la mamma, gli accarezzò i capelli e gli domandò: “Cosa hai sognato? Hai combinato di nuovo qualche pasticcio? Questo succede perché papà non ha mai abbastanza tempo per spiegarti le cose per filo e per segno.”
Per un po’ Miro rimase zitto, poi bisbigliò: “Sai, mamma, stavolta è andato tutto liscio. Come in un film.” E si mise a ridere.
“Vuoi saperne di più?”
“Dimmi.”
“Adesso mi è tutto chiaro riguardo al tempo. Ti spiegherò domattina alle diciannove come stanno queste cose.”
Mladinska knjiga, Ljubljana 1985Traduzione dallo sloveno di Jolka Milič

Mar 09, 2009 @ 22:56:00
da Giuliano
due baffoni magnifici. Io ci ho provato, la testa è simile ma io ho i baffi sottili, alla Zorro…
Anche il racconto è decisamente simpatico, sembra uno che ti mette di buon umore anche quando racconta storie complicate.
Mar 09, 2009 @ 22:56:00
da Giuliano
due baffoni magnifici. Io ci ho provato, la testa è simile ma io ho i baffi sottili, alla Zorro…
Anche il racconto è decisamente simpatico, sembra uno che ti mette di buon umore anche quando racconta storie complicate.
Mar 09, 2009 @ 22:56:00
da Giuliano
due baffoni magnifici. Io ci ho provato, la testa è simile ma io ho i baffi sottili, alla Zorro…
Anche il racconto è decisamente simpatico, sembra uno che ti mette di buon umore anche quando racconta storie complicate.
Mar 11, 2009 @ 17:49:00
Giuliano,la letteratura slovena è stata una piacevole scoperta e vi propongo volentieri questi raccontini. In effetti la foto mi ha fatto pensare a un assiduo frequentatore dell’Ocktoberfest di Monaco più che a un’autore per bambini ;-p
I baffetti alla Zorro… non lo avrei immaginato :-))
Salutissimi, Annarita
Mar 11, 2009 @ 17:49:00
Giuliano,la letteratura slovena è stata una piacevole scoperta e vi propongo volentieri questi raccontini. In effetti la foto mi ha fatto pensare a un assiduo frequentatore dell’Ocktoberfest di Monaco più che a un’autore per bambini ;-p
I baffetti alla Zorro… non lo avrei immaginato :-))
Salutissimi, Annarita
Mar 11, 2009 @ 17:49:00
Giuliano,la letteratura slovena è stata una piacevole scoperta e vi propongo volentieri questi raccontini. In effetti la foto mi ha fatto pensare a un assiduo frequentatore dell’Ocktoberfest di Monaco più che a un’autore per bambini ;-p
I baffetti alla Zorro… non lo avrei immaginato :-))
Salutissimi, Annarita
Mar 12, 2009 @ 09:57:00
Davvero bello questo racconto. Un autore da scoprire. Non lo conoscevo: grazie Annarita per i preziosi consigli che dai.
Un abbraccio,
Giulia
Mar 12, 2009 @ 09:57:00
Davvero bello questo racconto. Un autore da scoprire. Non lo conoscevo: grazie Annarita per i preziosi consigli che dai.
Un abbraccio,
Giulia
Mar 12, 2009 @ 09:57:00
Davvero bello questo racconto. Un autore da scoprire. Non lo conoscevo: grazie Annarita per i preziosi consigli che dai.
Un abbraccio,
Giulia
Mar 13, 2009 @ 11:02:00
Questo è un racconto che io, con qualche piccola differenza, conosco già…ora cerco di ricordarmi dove e come l’ho letto o, più probabilmente, sentito.
Ciao!
Mar 13, 2009 @ 11:02:00
Questo è un racconto che io, con qualche piccola differenza, conosco già…ora cerco di ricordarmi dove e come l’ho letto o, più probabilmente, sentito.
Ciao!
Mar 13, 2009 @ 11:02:00
Questo è un racconto che io, con qualche piccola differenza, conosco già…ora cerco di ricordarmi dove e come l’ho letto o, più probabilmente, sentito.
Ciao!
Mar 15, 2009 @ 10:30:00
Grazie, Giulia, un abbraccio.
Amfortas, sono curiosa, fammi sapere…
salutissimi, Annarita
Mar 15, 2009 @ 10:30:00
Grazie, Giulia, un abbraccio.
Amfortas, sono curiosa, fammi sapere…
salutissimi, Annarita
Mar 15, 2009 @ 10:30:00
Grazie, Giulia, un abbraccio.
Amfortas, sono curiosa, fammi sapere…
salutissimi, Annarita
Mar 18, 2009 @ 13:38:00
da Giuliano:
Annarita, i baffi li ho tagliati nel 2001 o nel 2002… Li ho tenuti per molto tempo, erano folti ma non sono mai diventati baffoni perché non è nel mio DNA. Poi sono diventati brizzolati, ma a chiazze: stavano malissimo.
(Quando scrivevo limericks come Emilio Gauna però ce li avevo ancora)
Mar 18, 2009 @ 13:38:00
da Giuliano:
Annarita, i baffi li ho tagliati nel 2001 o nel 2002… Li ho tenuti per molto tempo, erano folti ma non sono mai diventati baffoni perché non è nel mio DNA. Poi sono diventati brizzolati, ma a chiazze: stavano malissimo.
(Quando scrivevo limericks come Emilio Gauna però ce li avevo ancora)
Mar 18, 2009 @ 13:38:00
da Giuliano:
Annarita, i baffi li ho tagliati nel 2001 o nel 2002… Li ho tenuti per molto tempo, erano folti ma non sono mai diventati baffoni perché non è nel mio DNA. Poi sono diventati brizzolati, ma a chiazze: stavano malissimo.
(Quando scrivevo limericks come Emilio Gauna però ce li avevo ancora)