Io non avrei mai saputo nulla della sua esistenza se nella mia biblioteca di ragazzina non fosse capitato un libro che lessi, o per meglio dire, divorai, in un temporalesco pomeriggio di vacanza a casa dei nonni.
Il titolo è “Due ragazzi e un lago” e per quanto mi sia data da fare per trovare notizie, questo libro rimane avvolto in un silenzioso isolamento che nemmeno la potenza di Internet ha potuto rompere.
La mia copia risale al 1938 e fu pubblicata dall’editore Vallardi con le belle illustrazioni a colori e in bianco e nero di Edvig Collin e con la traduzione di Emilia Villoresi.
Nemmeno su queste due artiste ho trovato notizie precise, se non che mi sono imbattuta spesso in libri ai quali hanno lavorato insieme.
Il titolo originale è Was am See geschah. Die Geschichte von Rosmarin und Thymian. (Berlin: H.Stuffer, 1935). Letteralmente significa: Ciò che è accaduto sul lago. La storia di Rosmarino e di Timo. Qui sotto la copertina originale.

Questi infatti sono i nomi dei due protagonisti, coetanei e uguali come due gocce d’acqua. Rosmarino è il primo figlio della ricca famiglia del maggiore Von Stetten, deve il proprio nome al gran desiderio della mamma di chiamare Rosa Maria la prima figlia e la sua nascita viene accolta con grande sfarzo. Timo è il figlio di Giulia,una povera fanciulla che non può offrirgli altra culla che un cesto pieno di rametti di timo. Il vecchi pastore Bartolo che lo trova accanto alla mamma morta, vuole battezzarlo così, ma il parroco non transige e gli impone il nome di Augusto, Holt come la mamma neppure conosciuta.
La vita non può essere più diversa per i due coetanei, l’uno negli agi della villa di famiglia e l’altro fra gli stenti dell’orfanotrofio, uguali come due goccia perfino nei medesimi particolari: occhi e capelli neri con una ciocca bionda sulla tempia sinistra e un buffo ciuffetto sulla fronte. Passano gli anni, Rosmarino deve sopportare la signorina Petermann, la severa istitutrice alla quale è stato affidato; Timo, come continua chiamarlo il vecchio Bortolo, si ritrova con ben sette tutori e non sa più come fare per accontentare tutti.
Ma il destino ha deciso di mescolare le carte dei due bambini. Sul castello che domina il villaggio e il lago circola una leggenda che Bartolo ha raccontato tante volte al piccolo Timo: si narra che il fantasma del povero Nanni, morto in miseria per colpa dell’avido e ricco fratello Pancrazio, si aggiri per quelle stanze in cerca del magico berretto perduto e delle parole magiche che gli ridaranno la pace e garantiranno la fortuna del suo salvatore.
Malvina, la zia di Rosmarino, e sua figlia Beata decidono di tornare a Stetten-Dittersbach per passare l’estate nell’avito castello, rimasto chiuso da anni, e il nipote sarà loro ospite. Quando Timo vede le finestre del castello spalancate, comincia a credere alle parole di Bartolo e a sperare di poter essere lui a liberare il povero Nanni.
Sulle rive del lago avviene l’incontro fra i due ragazzi, Rosmarino offre a Timo il suo berretto per mostrargli quanto si somiglino e gli chiede di essere condotto sulla barca, dalla quale si tuffa al grido di battaglia “Goditelaunmondo”. La piccola imbarcazione si rovescia e i due ragazzi vengono tratti in salvo separatamente, l’uno dal domestico del castello e l’altro dai pescatori. Inutile dire che il berretto ha causato uno scambio di persona, così Timo si ritrova al castello e Rosmarino nel povero giaciglio dello stazzo. Innumerevoli sono i disagi e le disavventure per entrambi, non abituati l’uno alla ricchezza e alle comodità e l’altro alla povertà e alla dura vita di lavoro, ma Rosmarino trova il modo per far avere a Timo un biglietto nel quale gli ingiunge di non rivelare ciò che è accaduto.
“Non tradire niente di quanto è successo al lago. Aspetta, finché io venga a liberarti, e tutto sarà finito. Perché tu sei me e io sono te. Non dimenticarlo: Goditelaunmondo.”
Intanto Timo coinvolge Beata nella infruttuosa ricerca del povero Nanni e non riesce più a mantenere la finzione. Chiarito l’equivico i signori Von Stetten vanno a prelevare Rosamrino, che ne ha combinate nel frattempo di tutti i colori, ma al ritorno al castello hanno l’amara sospresa di non trovare più Timo e nemmeno Beata, che pure conosce tutti i nascondigli, può aiutarli. Ma il povero Timo, frastonarto, è corso a rifugiarsi dalla signora Lindner, l’unico dei suoi sette tutori che gli abbia dimostrato comprensione e affetto. Ora capisce che la storia del povero Nanni è solo una leggenda, come Rosamrino ha imparato molte cose dalla sua strana esperienza ed accetta volentieri l’aiuto che i Von Stetten gli offrono per costruirsi un futuro migliore.
Nel ricordo dei ragazzi resterà impressa quella strana estate in cui Rosmarino voleva diventare il capo di “Goditelaunmondo” e Timo liberare il povero Nanni. Cercando notizie su Lisa Tetzner ho scoperto che non è questo il suo libro di maggior successo, bensì “Die schwarzen Bruder” ossia “I Fratelli neri” pubblicato nel 1939 ad Aarau con la sola firma dell’autrice perché al marito Kurt Kläber, inviso ai Nazisti, era stato fatto divieto di scrivere. I coniugi a causa del nazismo si erano appunto rifugiati in Svizzera.
“I Fratelli Neri” si ispirava alle dure vicende dei piccoli spazzacamini della Valle Verzasca, venduti come schiavi nell’800 a Milano, sfruttati e maltrattati, che trovarono conforto nella solidarietà dell’associazione dei “Fratelli neri” e spero di potervene parlare più diffusamente quando mi procurerò l’edizione illustrata da Hannes Binder.
Con il titolo: “Romeo no Aoi Sora” (trad. “Il Cielo Azzurro di Romeo”) fu realizzato un anime giapponese del 1995 tratto dal questo libro e trasmesso in Italia una sola volta, nel 1997.

Idea di servizio che si concretò anche nella Casa Pantrovà che i Kläber costruirono nel 1955 con i diritti d’autore dei loro libri, su un terreno di loro proprietà originariamente adibito a coltivazione.
Il nome chiarissimo e suggestivo, “pane trovato”, esprime il senso di soddisfazione concreta dei poveri, ma anche quallo di nutrimento spirituale e di strumento di affrancamento dalla povertà.
La casa fu lasciata in eredità dai Kläber agli scrittori e agli artisti ed ne ha accolti molti.
Dal 2004 il Comune di Carona l’ha riscattata e messa a disposizione dell’omonima associazione consentendo così la continuazione dell’ideale di solidarietà espresso da Lisa Tetzner e da Kurt Kläber.
Ideale che consentì loro di resistere alle avversità della vita.
Ott 15, 2008 @ 16:55:00
da Giuliano:
Non è che ne hai già parlato? C’è qualcosa che mi torna familiare, ma non saprei dire cosa.
Ott 15, 2008 @ 17:15:00
No, Giuliano, ne sono certa. Era da tempo che pensavo a questo vecchio libro e l’altro lo sto cercando. Magari lo hai letto da bambino 😉
Buona serata.
Ott 26, 2008 @ 05:45:00
Annarita sei una miniera!
Sempre grazie 🙂
Paolo
Ott 26, 2008 @ 08:03:00
Grazie a te, Paolo, più le cose che propongo sono insolite, più mi diverto! Buona domenica, Annarita
😉