Ajataj

La letteratura slovena per l’infanzia non è molto nota in Italia. Anzi, non lo è per nulla. E proprio per questo motivo vi propongo alcune storie tradotte appositamente in italiano da Jolka Milič e pubblicate sulla rivista on line Fili d’aquilone.
La storia di Ajataj è inserita nel numero dieci della rivista.

milicJolka Milič è nata nel 1926 a Sežana (in Slovenia), dove tutt’ora vive e lavora. Ha tradotto almeno una ventina di libri di poesia, che in gran parte ha anche curato. Traduce soprattutto poesia dall’italiano allo sloveno e viceversa. Nel 1999 ha vinto il “Premio Kosovel” per la traduzione della silloge Botticelli di Ivo Svetina. Nel 2004 è stata premiata dall’Associazione Artecultura di Trieste “per la sua preziosa e intelligente opera di ponte fra le letteratura di Slovenia e Italia”. Nel 2005 le è stata conferita dal Presidente della Repubblica Ciampi l’onorificenza di Grande Ufficiale dell’Ordine della Stella della Solidarietà Italiana e dall’Associazione dei traduttori letterari sloveni di Ljubljana ha ricevuto l’ambito “Diploma Lavrin”.
Ajataj
di Gitica JakopinDietro tre verdi stagni, in una vasta foresta vive il gigante Ajataj. Ajataj ha una chioma fluente come tutti gli uomini acquatici e una folta barba grigia che tocca terra. Il suo viso è pieno di piccole rughe. Gli si sono formate perché è un tipo gioviale che ride volentieri. Sorride agli uccelli e alle formiche, agli scoiattoli e alle farfalle, alle fate e agli gnomi. Inoltre ai bambini e talvolta anche agli adulti.Ajataj ha un letto di soffice muschio e non ha bisogno di una casa. Sopra il suo letto si intrecciano i rami con larghe foglie e lo riparano dal vento e dalla pioggia. Per tavolo ha scelto un ceppo liscio e rotondo. Gli scoiattoli glielo puliscono ogni giorno con la coda, le farfalle lo ricoprono con le loro ali di seta.Ajataj dorme di giorno. Riposa all’ombra di una vecchia quercia. Con essa ha stretto amicizia da lungo tempo. Tutti gli animali selvatici del luogo sono invece la sua famiglia. Gli insetti gli ronzano intorno come dei piccoli elicotteri. l battiti dei picchi sui tronchi echeggiano cupamente. Le gazze quasi sempre litigano svolazzando rabbiose di ramo in ramo. La ghiandaia siede ogni mattina su un cespuglio e nella scuola degli uccelli insegna ai passeri, ammaestra le cinciallegre, gli storni e i fringuelli. Anche lo scoiattolo, smanioso di imparare, ogni tanto scende in aula lungo un fusto scivoloso e persino la vecchia volpe sorniona tende un orecchio.Ma il nostro gigante continua a dormire saporitamente. Qualche volta russa nel sonno e sotto gli alberi pare il sospiro di una montagna.Ma quando arriva la notte in punta di piedi, all’improvviso tutto si rianima. Le civette, stridendo da ogni dove, si augurano il buon giorno e dai rifugi del bosco sbuca l’armata di Ajataj, gli allegri folletti Dormi-dormi. Si chiamano a colpi di fischietto e corrono sotto la vecchia quercia. Quando sono tutti riuniti siedono intorno al ceppo e Ajataj comincia a parlare: “Tutti qui? Stanotte ci sarà un gran daffare, perché fa molto caldo. I bambini stenteranno di addormentarsi. Andiamo?”.“Andiamo?” rispondono in coro i folletti e si alzano.Ajataj tira verso di sé una grande gerla e i folletti uno dopo l’altro, salendo prima sul ceppo, vi saltano dentro. Quando è piena il gigante se la carica sulle spalle e riprende la strada di ogni notte.Passando oltre i tre verdi stagni, arriva su una radura dove il tasso dormiglione gli fa un cenno di saluto, le lepri invece si affacciano solo alla soglia e si voltano sonnacchiose dall’altra parte. Ajataj le saluta e scende sul sentiero che biancheggia tra i campi. Sotto la scura montagna serpeggia un fiume limpido. I prati tacciono sotto il chiaro di luna. Quando Ajataj scorge davanti a sé i bianchi muri e i tetti lucenti della città si ferma. Posa la gerla sul marciapiede. I folletti saltano fuori. Nel frattempo hanno fatto un sonnellino e adesso si stiracchiano tutti contenti.“Su, svelti, filate!” dice Ajataj. “E badate di non spaventare i lattanti che dormono sodo già da un pezzo.”I folletti pullulano per le vie come formiche. Silenziosi come topolini entrano di soppiatto in tutte le case. Danno una occhiata ad ogni lettino dove i bambini già dormono, e regalano loro dei bei sogni. Ma in vari luoghi i marmocchi vegliano ancora. Sdraiati sul dorso si divertono un mondo a scalciare e a buttare le coperte per terra. Oppure si tirano i cuscini e saltano vispi come capretti. In queste case i folletti sostano di più. Fanno un cerchio, si prendono per mano e si mettono a cantare:  
                 Ninna-ò, Ninna-ò,
                  ogni gioco
                  dura un po’.    
                 Se dormire
                  non vorrai,
                  alla scuola tarderai. 
                  Chiudi gli occhi
                  e fa la nanna
                  cocco bello della mamma. 
                  Ninna-ò, Ninna-ò,
                  ogni gioco
                  dura un po’.
Anche in queste case si fa presto silenzio. I bambini respirano profondamente. Le palpebre diventano così pesanti che tra qualche istante gli occhi già socchiusi si chiuderanno definitivamente. Nella ragnatela sotto il soffitto si è intrappolata una mosca e cerca invano di liberarsi. Il ragno invece continua a tessere la sua tela e tesse, tesse senza posa…I folletti chiudono silenziosamente le porte alle loro spalle. Ballando e cantando a lungo, vanno di casa in casa, finché non si addormenta tutta la città. Solo allora ritornano da Ajataj. Cadono stanchi morti nella sua cesta e lui li riporta indietro attraverso i prati sotto la scura montagna, per il bianco sentiero, oltre la radura e i tre verdi stagni. Laggiù, nella vasta foresta, li scarica. I folletti si separano andandosene ognuno per conto proprio ed anche Ajataj si distende sul suo soffice muschio.Gli uccelli tra i rami si stanno svegliando, gli alberi scuotono le fronde intorpidite, la rugiada imperla le foglie. L’alba pian piano risplende sulla città, sulla campagna e sul bosco immenso.Titolo del testo originale “AJATAJ”
Mladinska knjiga, Ljubljana 1984Traduzione dallo sloveno di Jolka Milič
Di seguito la biografia dell’autrice a cura di Jolka MiličLa traduttrice e scrittrice Gitica Jakopin nacque nel 1928 a Leskovec (Krško, in Slovenia). Nel 1942, prima ancora di completare il ginnasio, fu deportata con la famiglia in Austria e, a Bregenz, alla fine della guerra ottenne la maturità classica; in seguito fece ritorno in patria con i suoi. Dopo essersi laureata in germanistica e romanistica alla facoltà di filosofia di Ljubljana, iniziò la sua intensa carriera di traduttrice: tradusse infatti più di 70 romanzi di autori famosi, tra cui Dostojevskij, Rabelais, Carroll, London, Hohlen, Smullyan, Agata Christie, Handke, Chamisso ecc. Lavorò per ben otto anni anche nella redazione cinematografica della Radiotelevisione slovena, traducendo centinaia di film, drammi e serial. Scriveva anche in proprio, pubblicando poesia e prosa per adulti e l’infanzia su molte riviste letterarie.
Nel 1962 diede alle stampe il suo primo romanzo, Žarometi (Riflettori), con una successiva edizione rivista nel 1996; nel 1963, Devet fantov in eno dekle (Nove giovani e una ragazza – Premio Kajuh), romanzo rielaborato nel 1978; mai del tutto soddisfatta pubblicò il racconto Veronika nel 1980 e lo rifece ampliandolo nel 1996, cambiando perfino il titolo in Slovo od deklištva (Addio alla fanciullezza o allo stato di ragazza). Il libriccino illustrato per i più piccini Ajataj è anche del 1980. Nel 1986 con il titolo Anina uspavanka (La ninnananna di Ana) uscì una raccolta di poesie infantili e nel 1995 la raccolta di prose brevi Duša kaj želiš (Anima che cosa desideri). Riunì in un libro tre radiocommedie: Na vrhu svobode (Al culmine della libertà), che pubblicò all’inizio del 1996, un po’ prima di morire per un ictus cerebrale, il 9 marzo. Nel 1985 le fu assegnato il premio Sovrè per la sua opera di traduttrice.num010jakopin

(foto di Primož Jakopin)Leggendo questa bella storia ho ripensato alla figura dell’Uomo della Sabbia, nota da secoli e ripresa anche da E.T.A. Hoffmann ( la storia d’amore tra un uomo e la bambola meccanica Olimpia, tema che verrà ripreso nel tempo,  ricordiamo almeno Eva futura di A.Villiers de l’Isle-Adam e Metropolis di Thea von Harbou e Fritz Lang) e da H. C. Andersen.

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