Nel libro di Murakami la canzone dei Beatles è il vaso di Pandora dei ricordi del protagonista.
Tutti abbiamo una o più canzoni alle quali siamo legati perché ci riportano a momenti belli della nostra vita, magari legati alla gioventù, al nascere di un’amore, a un periodo di vita particolarmente ricco di soddisfazioni.
Ma quando una musica o una canzone sono legati a un brutto ricordo, che cosa scatta dentro?
Una dirompente sensazione di déjà- vu prende il sopravvento, annullando il fatto inconfutabile di trovarsi in un altro tempo e magari in altra compagnia, o razionalmente è possibile scindere i due piani temporali e lasciare che la canzone resti ancorata ad un passato il cui ricordo oramai lontano è stato più o meno felicemente elaborato e metabolizzato?
Sono convinta che occorra una grande padronanza di sé per non farsi travolgere dalla piena emotiva in situazioni come questa.
È curioso, a mio parere, che non sia così difficile con un luogo. Voglio dire, visitare il medesimo luogo a distanza di anni e con persone diverse non ha un effetto pari a quello di riscoltare all’improvviso una canzone. Il luogo muta e si evolve fisicamente, è fatto di persone vive e in movimento, dà la piena sensazione dello scorrere del tempo e mi fa pensare a Eraclito… " Non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, ma a causa dell’impetuosità e della velocità del mutamento essa si disperde e si raccoglie, viene e va. "
E non posso dimenticare il mirabile modo in cui Proust ci spiega nella sua Recherche il meccanismo e il potere della "memoria involontaria " capace di restituirci in modo irrazionale episodi del passato che credevamo sepolti. Il sapore della madeleine inzuppato nel tè restituisce il mondo dell’infanzia a Combray; l’inciampare nel selciato dissestato è il veicolo immediato per il ritorno ad un felice soggiorno veneziano; il tocco rigido del tovagliolo, inamidato come l’asciugamano a Balbec.
Ma una canzone o una musica secondo me hanno un potere diversao, si cristallizzano in un angolo della mente, restano sopite per anni e anni fino a quando la casualità le risveglia e le riversa con l’intatta energia iniziale.
Si può vedere un luogo con altri occhi, ma non si può ascoltare una musica con altre orecchie.
Quei suoni resteranno indissolubilmente legati al passato e ce lo restituiranno come una pellicola che si srotola sotto i nostri occhi. Non ci si può far nulla. Ne sono convinta. E me ne sono persuasa ancora di più dopo aver letto il romanzo di Murakami.
Ago 01, 2008 @ 11:17:00
Complimenti per il tuo blog è davvero carinissimo e molto originale … Tornerò ancora a trovarti…^__^
Buon weekend…
Francesco.
Ago 01, 2008 @ 11:40:00
Concordo assolutamente su quanto dici a proposito della musica, Annarita. Ho qualche perplessità invece a proposito dei luoghi. Ci sono tanti esempi di persone che non riescono (per motivi psicologici, emotivi, intendo) a metter più piede in luoghi in cui sono stati particolarmente felici o infelici.
Visto che hai preso l’esempio di Proust continuo con lui: dopo l’infanzia, Proust non tornò mai più in tutta la sua vita ad Illiers Combray, come il Narratore della RTP non tornò mai più a Combray. La scusa ufficiale/razionale era che la campagna acuiva le crisi d’asma, ma è chiaro che non si trattava solo di quello.
P.S. Perciò dici che il libro di Murakami merita? Terrò presente.
Ago 01, 2008 @ 15:31:00
Gabrilu, la tua precisazione su Proust ti da ragione, ma continuo a pensare che non sia sempre così per i luoghi, anche se accade molto spesso. Aiuta molto vedere i cambiamenti avvenuti in un luogo e scoprirlo diverso da com’era nel ricordo. A proposito di Murakami, non esitare. Mi sta letteralmente conquistando, questo è il suo terzo libro che leggo e sono sempre più desiderosa di passare agli altri 😉
Buon fine settimana