
Titolo:Novantanove storie del signor Bonaventura
Autore e illustratore: Sergio Tofano
Editore: Garzanti, Milano, 1964
Bombetta ed elegante redingote rosse su larghi pantaloni bianchi e lunghissime scarpe a punta, ecco come si presentò al pubblico dei suoi lettori il signor Bonaventura, nato dalla prolifica penna dello scrittore e attore di origini napoletane Sergio Tofano, in arte Sto (Roma, 20 agosto 1886-28 ottobre 1973).
L’anno di nascita del signor Bonaventura fu il 1917, periodo buio e triste nel quale le sue avventure piene di ottimismo conquistarono rapidamente il favore di grandi e piccini. Sua culla il Corriere dei Piccoli, il celebre settimanale nato per i più piccini come supplemento del Corriere della Sera.
Era un personaggio adulto, anche se si poteva ritenere piuttosto giovane, ma il suo caratteristico aspetto, le ambientazioni stilizzate nelle quali prendevano vita le sue avventure e i personaggi che gli facevano da spalla, fecero immediatamente di Bonaventura un personaggio assai caro ai bambini.
Erano gli anni di Cirillo, Fortunello, Arcibaldo e Petronilla, Bibi e Bibò con il capitan Cocoricò, personaggi d’importazione accanto ai nostrani Quadratino, Bilbolbul e Barbacucco, ma era forte l’esigenza di personaggi italiani da parte del Corriere dei Piccoli, anche se lo zoccolo duro dei piccoli lettori non rilevava, giustamente, alcuna differenza tra i personaggi. Nostrani o d’importazione che fossero, essi popolavano l’immaginario infantile di quegli anni ed erano parimenti amati e apprezzati.
Nel 1917 il direttore del Corrierino, Silvio Filippi Spaventa, ammiratore dei deliziosi figurini che Sto disegna sulle riviste femminili, gli offrì la possibilità di gestire in proprio un’intera pagina.

Nacque così il signor Bonaventura, dinoccolato ed elegante, simile al suo creatore nel fisico, dal carattere aperto e leale, un po’ ingenuo, ma in fondo sempre fortunato. Inizialmente Bonaventura, al termine delle sue originali avventure, riceveva in premio encomi e medaglie, a volte anche la mano di qualche principessina, ma la trovata geniale fu quella del compenso finale, il grande foglio bianco sul quale invariabilmente era scritta la favolosa cifra di un milione. Raccontava Tofano stesso che, per rendere a suo giudizio meno monotono e scontato il finale con l’immancabile premiazione del signor Bonaventura, inventò delle storielle nelle quali alla fine egli perdeva il milione, ma fu subissato di lettere di protesta da parte dei piccoli lettori i quali esigevano il regolare andamento delle storie e l’immediata restituzione del premio finale.
Il signor Bonaventura viveva ogni sorta di avventure e di sventure, ma immancabilmente trionfava con il proprio ottimismo e grazie alla partecipazione di altri personaggi che diventarono parte integrante e indiscutibilmente importante delle storie:
Il “torvo” Barbariccia, il cui colorito variava dal gialliccio al verdiccio, a causa dell’innata cattiveria e dell’inevitabile attacco di rabbiosa itterizia di fronte ai successi di Bonaventura; 

gli stolidi parenti Omobono e Pinotto,
il disonesto baron Partecipazio,

il solerte commissario Sperassai,
l’inesperto dottor Crepacuore,

il bellissimo Cecè vanitoso e pasticcione,
il fedele cane bassotto e persino un figlio, il vivace Pizzirì.
Ecco l’opinione di Gianni Rodari sul signor Bonaventura.
“LA PROMESSA DI BONAVENTURA – Una volta alla settimana, nella nostra casa ben poco confortevole, arrivava Bonaventura e ci portava, in premio per la nostra attesa, un milione grande come un lenzuolo. Sapevamo perfettamente in anticipo che all’ultima vignetta le persecuzioni del torvo Barbariccia sarebbero cessate, le goffaggini dell’elegantissimo Cecè si sarebbero ricomposte e Bonaventura, grazie al caso che faceva di lui in continuazione un involontario salvatore di pericolanti, il nemico numero uno dei nemici pubblici, l’agente universale del bene, avrebbe intascato il rituale bigliettone. Che cosa, allora, ci faceva leggere ogni volta la sua storia come nuova? Come accadeva che il milione destasse sempre la sorpresa del primo? C’erano, intanto, quei versetti accurati, limpidi, seminati con discrezione di qualche paroletta rara, di qualche rima acrobatica, insomma, di suoni inattesi: l’effetto della loro musica era quello di un’ infinita serie di variazioni sullo stesso tema. Un effetto di magia. C’erano poi nelle avventure e nelle sciagure (per fortuna rare) del signor Bonaventura sottili, indirette allusioni al mondo, ai suoi personaggi, ai casi della vita che, come diceva Geppetto, “sono tanti”. E c’era nel finale ottimistico una promessa generosa di gratificazione, l’assicurazione che ogni speranza, prima o poi, si realizza, che ogni sogno scende in terra.
La gente si sottovaluta. Negli anni in cui gli adulti cantavano sospirando: “Se potessi avere mille lire al mese”, Bonaventura, senza alzare la voce, indicava ai bambini una meta mille volte più alta. Guadagnò il suo primo miliardo ben prima degli “industrialotti” del lavoro a domicilio. Non ignaro di guai e traversie, spesso disoccupato, col tempo anche sinistrato e senzatetto, Bonaventura ha continuato per mezzo secolo a insegnare che c’è sempre una via d’uscita; che Barbariccia è una tigre di carta; che catastrofi, incendi, fughe di di belve dai circhi, briganti da strada, incidenti automobilistici, cavalli imbizzarriti non hanno mai niente di definitivo: più in là c’è sempre il milione, come sopra le nuvole, anche nei giorni di nubifragio, c’è sempre il sole.
Da bambini abbiamo amato Bonaventura per il suo intrepido candore. Da grandi abbiamo ammirato Sergio Tofano per la sua discrezione, la sua misura, la sua invisibile, sterminata, ironica pazienza.”
Nella sua lunga e gloriosa carriera Sergio Tofano fu prolifico autore e apprezzato disegnatore di libri altrui e di pubblicità.
Nino Bertoletti
Sergio Tofano nella parte di Bonaventura
(Biblioteca del Burcardo, Roma)
Egli stesso portò sulle scene il personaggio del signor Bonaventura in sei brillanti rappresentazioni:
Qui comincia la sventura del signor Bonaventura (Torino, 17 marzo 1927)
La regina in berlina (Roma, 2 febbraio 1928)
Una losca congiura (Roma, 28 febbraio 1929)
L’isola dei pappagalli (Torino, 18 gennaio 1936 e Roma, 1954)
Bonaventura veterinario per forza (Milano, 30 novembre 1948)
Bonaventura precettore a corte (Roma, 20 febbraio 1953)

Il signor Bonaventura ha esordito anche al cinema, nel film del 1941 “Cenerentola e Bonaventura”

Grazie al lavoro di Gilberto Tofano, figlio di Sergio e suo erede artistico, con lo studio “Numeri” di Pisa è cominciata la terza vita del signor Bonaventura.
Dopo la prima sulle tavole sul Corriere dei Piccoli e la seconda in teatro, il signor Bonaventura è rinato grazie alla 3D Computer Animation e dopo un anno di inteso lavoro nel 2000 è stato presentato a “Cartoons on the bay”, il Festival internazionale di film d’animazione organizzato da RAI-TRADE a Positano, ritrovando il caloroso favore del pubblico e suscitando i commenti positivi degli esperti e della stampa.
Voglio concludere con questa esilarante filastrocca di Sto sugli animali:
LA FILASTROCCA DEI CENTO ANIMALI
(delle orecchie sturate i canali)
Le zanzare a Zanzibar
vanno a zonzo pei bazar
e le mosche fosche e losche
fra le frasche stanno fresche.
Arsi gli orsi dai rimorsi
bevon l’acqua a sorsi a sorsi.
Mentre i ghiri ghirigori
fanno a gara nelle gore,
ai canguri fan gli auguri
con le angurie le cangure.Ecco il merlo con lo smerlo,
il merluzzo col merletto,
la testuggine ed il muggine
ricoperti di lanuggine,
di fuliggine e di ruggine.
Tutti i cervi ci hanno i nervi
e stan curvi e torvi i corvi,
la cornacchia s’ impennacchia
e sonnecchia nella nicchia,
la ranocchia ama la nocchia
e sgranocchia la pannocchia,
i cavalli fan cavilli
ed il ghiozzo ci ha il singhiozzo
e la carpa è senza scarpa
e si fa la barba il barbo
ed i bachi sui sambuchi
fanno buchi con i ciuchi.
Lunghe brache ci hanno i bruchi
e le oche fioche e poche
alle foche fan da cuoche.
I bisonti son bisunti,
qui c’è un ragno con la rogna,
la cicogna sogna e agogna
di vigogna una carogna,
l’anatrotto e l’anatrotta
con la trota trotta trotta.
Nanerottola è la nottola
e il pidocchio ch’è sul cocchio
all’abbacchio strizza l’occhio
e lo sgombro sgombra l’ombra
e l’aringa si siringa
e i mandrilli e i coccodrilli
fanno trilli e strilli ai grilli,
(però i grilli sono grulli).
La murena sulla rena
con la rana fa buriana
ed a galla resta il gallo,
duole il callo allo sciacallo
che barcolla e caracolla,
la mangusta si disgusta
e i machachi mangian cachi,
lo stambecco non ha il becco,
la giraffa arruffa e arraffa
poiché vien di riffa in raffa.
Eleganti gli elefanti
con gli infanti stan da fanti,
la beccaccia si procaccia
la focaccia con la caccia,
la civetta svetta in vetta
e l’assiuolo solo solo
fa un a solo nel chiassuolo.
Per ripicca picchia il picchio,
la tellina sta in collina,
sta in calabria il calabrone
come a Fano sta il tafano…
Le zanzare a Zanzibar
vanno a zonzo pei bazar
“…ma per carità, niente quadretto familiare, niente bozzetto patriottico, niente oleografie patetico-sentimentali; non storie lacrimevoli di piccoli saltimbanchi maltrattati o di spazzacamini affamati, né drammetti pietosi di orfanelli e trovatelli derelitti; non gesti edificanti di scolaretti probi né nobili azioni di balilla eroici. E soprattutto nessuna preoccupazione moraleggiante ed educativa. Càpita così di rado che i bambini si possano portare a teatro: quelle poche volte che càpita, facciamoli ridere, poveri piccoli; e non stiamo lì col fucile spianato della morale, della religione, dell’amor proprio, dell’educazione… Facciamoli ridere, vivaddio, a teatro: ché ogni loro risata accenderà un raggio in più di felicità nella loro esistenza, predisponendoli così all’ottimismo e risvegliando in essi il senso della bontà; più benefica quindi dei predicozzi, dei pistolotti e, soprattutto, della retorica.” (Sergio Tofano, “Recitare per i bambini, SCENARIO, 1937)
Se volete approfondire la conoscenza di Sto e del suo mondo, questo è il posto giusto.

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