Che cosa scrivere ? (seconda parte)

Se la fantasia sbrigliata è il vostro forte, potete cimentarvi in altri generi:

l’avventura, nella quale il protagonista vive una serie di vicissitudini, attraversa pericoli, si scontra con uno o più nemici il cui scopo è contrastarlo con ogni mezzo, anche il più illecito. Di solo l’ambientazione è ricca, l’eroe viaggia o si muove in scenari affascinanti e quasi sempre c’è una bella eroina da salvare e con la quale dividere l’avventura sino al lieto fine. Classici del genere sono i cicli di Sandokan o  dei pirati della Malesia di Emilio Sàlgari, o L’isola del tesoro di Robert Louis Stevenson  o richiamo della foresta di Jack London.Il fantasy,  in cui abbondano creature fantastiche, regni in pericolo, guerre, magia ed eroi, pensate a un classico come Il signore degli anelli di John .R .R. Tolkien o a qualcosa di più recente come la saga di Harry Potter della scrittrice inglese Joanne Kathleen Rowlings;





l’horror, in cui lo scrittore crea situazioni e vicende che incutono terrore o orrore, nelle quali abbonda la suspence (cioè la progressiva perdita delle sicurezza e l’insinuarsi del dubbio su ciò che accadrà). Maestri in questo genere sono stati in passato gli americani Edgar Allan Poe e Howard Phillips Lovecraft con i loro racconti e attualmente lo è Stephen King; in Italia un buon successo ha avuto la saga dedicata da Valerio Evangelisti ad un personaggio, l’inquisitore Eymerich;Eymerich





la favola, nella quale convivono personaggi reali e fantastici, scopo del protagonista è raggiungere un obiettivo quasi sempre attraverso il superamento di prove, pensate a Pinocchio di Collodi. La favola vuole trasmettere un insegnamento ai piccoli lettori, come accade in quelle classiche scritte da Fedro, Esopo e La Fontaine. Tra gli autori moderni penso a Gianni Rodari, che ha mantenuto intatto il valore educativo della favola, ma lo ha arricchito con la propria capacità di trattare in maniera leggera e divertente anche gli argomenti più seri e importanti.

A volte i termini favola e fiaba sono usati come sinonimi, perché hanno la medesima origine latina, il verbo fari (parlare, raccontare). In realtà la favola è il genere che si usa quando si vuole dare un insegnamento di tipo morale e i cui protagonisti sono generalmente animali, piante o esseri inanimati i quali incarnano i pregi e i difetti umani; la fiaba invece affonda le proprie radici nelle tradizioni popolari e ha solitamente protagonisti umani, coinvolti in avventure straordinarie nelle quali incontrano esseri fantastici come streghe, orchi e fate.

A proposito di Gianni Rodari, vi suggerisco un suo esercizio di fantasia: prendete una fiaba nota e modificatene completamente i personaggi e la struttura. Pensate per esempio a Cappuccetto Rosso e immaginate che la nonna abbia un gran desiderio di cucinare uno lupo arrosto, così chiede aiuto alla nipotina per attirare in trappola il malcapitato animale; per fortuna su di lui veglia un  ex cacciatore divenuto animalista, che sventa il perfido piano di nonna e nipote. Provate anche voi con Cenerentola, Biancaneve e i sette nani, La bella addormentata nel bosco, La bella e la bestia, Il gatto con gli stivali…

E non preoccupatevi se l’argomento che volete narrate è stata già proposto, tutto dipende da come lo scriverete voi. Che cosa c’è di più comune di una storia d’amore contrastato, di un lungo viaggio verso casa, di un’avventura per mare? Ma se parliamo di Romeo e Giulietta, dell’Odissea, di Moby Dick…  

5 commenti (+aggiungi il tuo?)

  1. MariaStrofa
    Dic 13, 2006 @ 15:37:00

    “E non preoccupatevi se l’argomento che volete narrare è stata già proposto, tutto dipende da come lo scriverete voi. Che cosa c’è di più comune di una storia d’amore contrastato, di un lungo viaggio verso casa, di un’avventura per mare? Ma se parliamo di Romeo e Giulietta, dell’Odissea, di Moby Dick… ” [Così Annarita]

    Come si fa a non applaudire fragorosamente? Come si fa? Io applaudo. Senza voler entrare troppo nel difficile è proprio la forma del libro (Isherwood diceva “il tono”)
    il modo in cui si scrive una storia *comune* a renderla e diversa agli occhi di tutti: la forma, sì, proprio il modo come la si scrive che fa vedere ai lettori lati sconosciuti.

    Applaudo ancora, guarda.

    Rispondi

  2. annaritav
    Dic 13, 2006 @ 19:53:00

    Grazie. Ma soprattutto grazie per gli spunti. Sto cercando notizie su Christopher Isherwood. Cerchi concentrici mi portano sempre più al largo, è come credersi in uno stagno e scoprire che invece è mare aperto.

    Rispondi

  3. sgnapisvirgola
    Dic 13, 2006 @ 21:18:00

    Sai Anna che mi ha fatto riflettere che su cose già scritte io farei molta fatica a trarne storie molto diverse? Non so se credere che sono così affascinata dall’originale da distaccarmene con difficoltà o così rigida da non riuscire a sgusciare dagli schemi. Ci devo riflettere. Se tu non fossi nella mia vita ti dovrei inventare:) Con le cose di mio sono un drago avrei potuto anche farcela. Per fortuna non è così.
    A presto.

    Rispondi

  4. utente anonimo
    Dic 14, 2006 @ 10:16:00

    Salve, sono entrato in questo blog per caso e sono rimasto colpito da questo argomento.
    Lavoro nel settore informatico sono un gran lettore di libri di narrativa, con un particolare gusto per il fantasy, l’horror ecc.

    Ogni tanto mi diletto a scrivere qualcosina, e il mio sogno è scrivere un romanzo fantasy di ampio respiro, creare un mondo per me stesso, nel quale perdermi quando mi va.
    Una cosa assolutamente amatoriale dunque.
    Però ogni volta che anche solo PENSO di mettermi a scrivere qualcosa, mi scontro con una specie di blocco mentale.
    Mi viene in mente che niente di quello che vorrei narrare è originale, tutto è già stato fatto e scritto da professionisti, e confesso che la cosa mi smonta totalmente.
    Mi basta pensare al ‘signore degli anelli’ per esempio.

    In quel libro c’è tantissimo. Ecologia, riflessioni sulla condizione della donna (personaggio di eowin), la tematica dell’eroe per caso (gli hobbit antieroi, da cui però alla fine tutto dipende), il tema della sfiducia e del pessimismo che porta l’individuo all’autodistruzione (denethor)…..

    Insomma è un libro talmente grande che spaventa.

    E’ bello leggere le sue parole in quanto scrittrice professionista, perchè sono almeno un pochino d’aiuto, grazie!

    Gemini

    Rispondi

  5. annaritav
    Dic 15, 2006 @ 16:03:00

    @ sgnapisvigola
    Indubbiamente una storia letta può affascinarti al punto di farti pensare che non saresti capace di affrontare quell’argomento in modo diverso o più originale, ma sono anche fermanente convinta che se il soggetto ti piacesse tanto o lo sentissi profondamente tuo, riusciresti senza dubbio a riportarlo sulla carta filtrato dalle tue sensazioni, dal tuo modo di essere e di pensare. L’argomento può essere stato affrontato tante volte, ma magari tu sarai in grado di presentarlo sotto un’altra luce e apparirà interessantissimo.
    Se andrai a vistare il sito di Giuseppe Ierolli con tutte le poesie di Emily Dickinson tradotte, ti accorgerai che i suoi argomenti, i suoi temi sono semplicissimi, ma il modo in cui ne ha parlato li ha trasformati in qualcosa di unico e irripetibile. Infatti Harold Bloom in “Canone occidentale” dice di lei “Non c’è banalità che sopravviva alle sue prese di possesso.”

    @ gemini
    Innanzitutto benvenuto. Poi non mi consideri una scrittrice professionista perché ho molta strada da fare! Sono un’appassionata di scrittura per ragazzi, scrivo da quando ho imparato a farlo sui banchi di scuola e non ho ancora smesso. Vorrei consigliarle di non lasciarsi impressionare dal confronto con un testo che le piace. Anzi, non faccia proprio confronti. Pensi solo a quello che vorrebbe dire e provi a scriverlo nel modo più naturale, o meglio, a lei più consono. Sono certa che il blocco mentale si scioglierà piano piano. In bocca al lupo.

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